Poeti e scrittori

De Corsi Nicolas, Tramonto a Torre del Greco

Il Mare nella letteratura, dall’Odissea a Elsa Morante

di Giovannina Molaro

“Quando si varca l’arco d’ingresso al tempio dei sogni, lì, proprio lì, c’è il mare”. (Luis Sepulveda, Incontro d’amore in un paese di guerra)

Nell’immaginario collettivo consideriamo il mare un simbolo di libertà, forse l’unico luogo dell’universo non ancora completamente conosciuto. Questa vasta distesa di acqua salata possiede la rara capacità di emozionare a prima vista: l’arancio-porpora di un tramonto che si dispiega sui flutti marini fino a suggellare un romantico bacio, o il risveglio di un’alba d’inverno, quando il sole emerge dalle onde, come una timida sirena. Che poesia la marea! Un’opera d’arte costantemente alla portata del suo poco attento spettatore. Eppure, esso giace nelle pagine di letteratura come un amante esperto e silenzioso, e fa eco a molte leggende, trasportate dalle onde fino ai nostri giorni.

Il mare e i suoi volti: i ritratti della letteratura

La sensazione di sconfinatezza, l’affascinante mistero dell’ignoto, ha reso il mare uno dei topoi più ricorrenti della letteratura di tutti i tempi. Un luogo dell’anima, all’interno del quale lo scrittore ha riposto sogni, speranze, paure, nostalgie. E’ nella letteratura un protagonista senza voce, che agisce pur restando ai margini della storia. È ciò che sgorga dalle pagine e, allo stesso tempo, ci riporta in quelle stesse, cullando la nostra immaginazione con il movimento delle onde.

Nella notte dei tempi, era considerato espressione della potenza divina: tempeste e maremoti rappresentavano l’ira funesta degli dèi, abbattutasi sui mortali come punizione per i propri peccati. L’esempio più lampante proviene dalla Bibbia con il mito del diluvio universale, come leggiamo dal libro della Genesi 7, 1-4:

1 Il Signore disse a Noè: «Entra nell’arca tu con tutta la tua famiglia, perché ti ho visto giusto dinanzi a me in questa generazione. […] 4 Perché tra sette giorni farò piovere sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti; sterminerò dalla terra ogni essere che ho fatto».

Nella letteratura classica, esso è considerato l’ostacolo che l’eroe deve superare: così Ulisse è destinato a naufragare a causa dell’ira di Poseidone, prolungando il sentimento di nostalgia per la famiglia e per la patria. Il capovolgimento degli eventi narrativi è affidato al mare, personificazione dell’insidia e dell’ignoto. Attraverso la letteratura esso racconta e si racconta, offrendo al lettore le mille sfaccettature dell’universo.

Nel Canto XXVI dell’Inferno, Dante utilizza la metafora del naufragio come castigo per tutti coloro che sogliono superare i confini consentiti: lo scibile umano è delimitato dalle famigerate Colonne d’Ercole, al di là delle quali l’essere mortale subisce l’ira divina, rappresentando, in chiave cristiana, il destino dei peccatori di presunzione.

Il monito dantesco viene superato nel Medioevo, quando al mare è attribuito il significato delle possibilità: l’esplorazione di nuove terre consente all’uomo di aggiornare le sue conoscenze, affrontando le onde con la determinazione di superare l’ostacolo. Il Milione di Marco Polo è il resoconto di questi viaggi alla scoperta di mondi lontani, volendo sfidare l’ignoto, con tutte le sue insidie e i suoi misteri.

Il mare si connatura di quei sentimenti di libertà soprattutto con gli ideali romantici, stabilendo che allo spirito umano non esistono barriere: “e il naufragar m’è dolce in questo mare”, scrive Leopardi, lasciandosi ispirare dal senso di smarrimento di fronte all’infinita distesa di acqua e dolcezza.

Il lato oscuro dell’uomo, la tempesta interiore e la sfida della natura si percepiscono nell’opera di Melville: la caccia alla balena bianca in un mare di timori e volontà di affermare se stesso conduce all’inevitabile destino di morte, in un mondo che l’uomo subisce impotente.

L’amore per l’oceano, per la vita avventurosa ed entusiasmante che spinge l’uomo a solcarlo e ad affrontarlo, si avverte nelle opere di Verne. In Ventimila leghe sotto i mari, l’autore fa navigare i suoi personaggi fra incontri con mostri marini e descrizioni affascinanti, trovando ispirazione tra le onde.

Alla fine dell’Ottocento, lo scenario marino fa da sfondo al verismo delle pagine di Verga: se da un lato le sue creature trovano sostentamento nel mare, dall’altro esso rappresenta l’altro lato dell’esistenza.

Il naufragio della “Provvidenza” ne I Malavoglia, con a bordo beni e uomini, è il simbolo di questa ambivalenza, del dualismo vita – morte, in un mondo nel quale non c’è posto per l’idealismo romantico, ma l’uomo è soggetto alle leggi della natura.  Il parallelismo tra l’uomo e l’infinità del mare in un rapporto contrastivo di odi et amo, si esplicita con Baudelaire nei versi L’uomo e il mare:

Uomo libero, sempre amerai il mare!
È il tuo specchio il mare: ti contempli l’anima
nell’ infinito muoversi della sua lama.
E il tuo spirito non è abisso meno amaro.

Divertito ti tuffi in seno alla tua immagine,
l’abbracci con lo sguardo, con le braccia e il cuore
a volte si distrae dal proprio palpitare
al bombo di quel pianto indomabile e selvaggio.

Siete discreti entrambi, entrambi tenebrosi:
inesplorato, uomo, il fondo dei tuoi abissi,
sconosciute, mare, le tue ricchezze intime,
tanto gelosamente custodite i segreti!

Eppure ecco che vi combattete
da infiniti secoli senza pietà né rimorso,
a tal punto amate le stragi e la morte,
o lottatori eterni, o fratelli implacabili!

Il rapporto di somiglianza uomo – mare espresso nelle prime tre strofe sfocia in una condizione di antagonismo, pur mantenendo quel legame “intimo”, ora connotato dagli effetti negativi evocati dalla morte. Al mare molti poeti hanno affidato i sentimenti della propria anima; da Saba, che in Ulisse lega la sua esistenza al mare già dall’infanzia, a Quasimodo, il quale soffre per un amore ormai lontano, rievocato dall’eco del mare associato alla voce della memoria in S’ode ancora il mare, fino alla dimensione mitica e genuina dell’isola di Procida, offerta dalla Morante nel suo romanzo di formazione L’isola di Arturo.

Mare è tutto ciò che percepiamo dell’esistenza: vita, morte, solitudine, nostalgia, amore, sofferenza. E’ l’amico al quale confidiamo parole che non diremmo mai.


Poesia di mare, Mediterranea

Le più belle poesie di mare, dedicate al mare e che dal mare prendono vita.
Del mare non si può fare a meno. Quando lo si conosce, anche per poco, nasce un legame quasi filiale. Padre e figlio, patrigno a volte. Sempre pronto a donarci una prospettiva nuova, spazi immensi.

Guardarlo dalla spiaggia e provare malinconia, come facevano le donne in attesa che i mariti tornassero dalle battute di pesca nell’Oceano. Così nacque la saudade, e il Fado. O stare in mare aperto, senza vedere confini, e rendersi conto che ogni limite è quello che l’uomo ha creato, la natura viaggia indisturbata, in ogni latitudine.

Il Mediterraneo, nella sua condizione familiare, racchiude in se mille mari. Ogni costa è una storia, e ogni storia è di tutti. Senza questo piccolo grande mare, non sarebbe esistito Ulisse, neanche i primi viaggiatori o migranti, che dir si voglia. La necessità di andare, la voglia di cambiare la propria esistenza, è passata attraverso il mare per millenni, e ancora oggi la strada è la stessa.

I poeti sono in qualche modo liquidi, sono essi stessi un mezzo. Le parole usano il poeta come il nocchiero usa il mare per arrivare in ogni luogo.

L’uomo e il mare, Charles Baudelaire

Uomo libero. Tu amerai sempre il mare!
Il mare è il tuo specchio;
contempli la tua anima
nello svolgersi infinito della sua onda.
E il tuo spirito non è un abisso meno amaro.

L’eternità, Arthur Rimbaud

È stata ritrovata!
– Cosa? – l’Eternità.
È il mare unito
Al sole.

Mare e Terra, Alda Merini

Mare,
che io domino col pensiero,
mi hai nascosto mille bugie
e tante verità.
Un giorno d’aprile
è esplosa un’onda
che avrei voluto baciare,
come un animale
fugge davanti al fuoco,
io sono fuggito da te.

Ho lasciato il mare per la terra
e la terra per il mare,
ho lasciato il mare per la terra
e la terra per il mare,
e ho sbagliato tutto,
perché non esistono
né ombre né luci,
ma solo il nostro breve pensiero,
ma solo il nostro bisogno d’amore

Il più bello dei mari, Nazim Hikmet

Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.  

Ulisse, Umberto Saba

Nella mia giovinezza ho navigato
lungo le coste dalmate. Isolotti
a fior d’onda emergevano, ove raro
un uccello sostava, scivolosi al sole
belli come smeraldi. Quando l’alta
marea e la notte li annullava, vele
sottovento sbandavano più al largo,
per fuggirne l’insidia. Oggi il mio regno
è quella terra di nessuno. Il porto
accende ad altri i suoi lumi; ma al largo
sospinge ancora il non domato spirito,
e della vita il doloroso amore.

Al di là, Fernando Pessoa

Al di là del porto
c’è solo l’ampio mare…
Mare eterno assorto
nel suo mormorare…
Come è amaro stare
qui, amore mio…
Guardo il mare ondeggiare
e un leggero timore
prende in me il colore
di voler avere
una cosa migliore
di quanto sia vivere…

Questo odore marino, Giorgio Caproni

Questo odore marino
che mi rammenta tanto
i tuoi capelli, al primo
chiareggiato mattino.
Negli occhi ho il sole fresco
del primo mattino. Il sale
del mare…
Insieme
come fumo d’un vino,
ci inebriava, questo
odore marino
Sul petto ho ancora il sale
d’ostrica del primo mattino.

IBN HAMDIS

“Una lancia di cera
confitta nel Candelabro,
con la sua cuspide di fiamma.
Si bruciano al fuoco
le sue viscere e la
sua pupilla piange
lacrime d’oro”.


PABLO NERUDA

La notte nell’isola
“Tutta la notte ho dormito con te
vicino al mare, nell’isola.
Eri selvaggia e dolce tra il piacere e il sonno,
tra il fuoco e l’ acqua.

Forse assai tardi
i nostri sogni si unirono,
nell’alto o nel profondo,
in alto come rami che muove uno stesso vento,
in basso come rosse radici che si toccano.

Forse il tuo sogno
si separò dal mio
e per il mare oscuro
mi cercava,
come prima,
quando ancora non esistevi,
quando senza scorgerti
navigai al tuo fianco
e i tuoi occhi cercavano
ciò che ora
– pane, vino, amore e collera –
ti do a mani piene,
perché tu sei la coppa
che attendeva i doni della mia vita.

Ho dormito con te
tutta la notte, mentre
l’ oscura terra gira
con vivi e con morti,
e svegliandomi d’ improvviso
in mezzo all’ ombra
il mio braccio circondava la tua cintura.
Nè la notte nè il sonno
poterono separarci.

Ho dormito con te
e svegliandomi la tua bocca
uscita dal sonno
mi diede il sapore di terra,
d’ acqua marina, di alghe,
del fondo della tua vita,
e ricevetti il tuo bacio
bagnato dall’aurora,
come se mi giungesse
dal mare che ci circonda.”


ALDA MERINI

Mare e Terra

Mare,
che io domino col pensiero,
mi hai nascosto mille bugie
e tante verità.
Un giorno d’aprile
è esplosa un’onda
che avrei voluto baciare,
come un animale
fugge davanti al fuoco,
io sono fuggito da te.

Ho lasciato il mare per la terra
e la terra per il mare,
ho lasciato il mare per la terra
e la terra per il mare,
e ho sbagliato tutto,
perché non esistono
né ombre né luci,
ma solo il nostro breve pensiero,
ma solo il nostro bisogno d’amore

Scuola di Posillipo, Consalvo Carelli
PABLO NERUDA

Il vento nell’ isola
“Il vento è un cavallo:
senti come corre
per il mare, per il cielo.
Vuol portarmí via: senti
come percorre il mondo
per portarmi lontano.
Nascondimi, tra le tue braccia
per questa notte sola,
mentre la pioggia rompe
contro il mare e la terra
la sua bocca innumerevole.
Senti come il vento
mi chiama galoppando
per portarmi lontano.
Con la tua fronte sulla mia fronte,
con la tua bocca sulla mia bocca,
legati i nostri corpi
all’amore che ci brucia,
lascia che il vento passi
senza che possa portarmi via.
Lascia che il vento corra
coronato di spuma,
che mi chiami e mi cerchi
galoppando nell’ombra,
mentre, sommerso
sotto i tuoi grandi occhi,
per questa notte sola
riposero, amor mio.”


SAFFO

Ad Afrodite

O mia Afrodite dal simulacro
colmo di fiori, tu che non hai morte,
figlia di Zeus, tu che intrecci inganni,
o dominatrice, ti supplico,
non forzare l’anima mia
con affanni né con dolore;
ma qui vieni. Altra volta a mia voce
udendo di lontano la preghiera
ascoltasti, e lasciata la casa del padre
sul carro d’oro venisti.
Leggiadri veloci uccelli
Sulla nera terra ti portarono,
dense agitando le ali per l’aria celeste.
E subito giunsero. E tu, o beata,
sorridendo nell’immortale volto
chiedesti del mio nuovo patire,
e che cosa un’altra volta invocavo,
e che più desideravo
nell’inquieta anima mia.
“Chi vuoi che Péito spinga al tuo amore,
o Saffo? Chi ti offende?
Chi ora ti fugge, presto t’inseguirà,
chi non accetta doni, ne offrirà,
chi non ti ama, pure contro voglia,
presto ti amerà.”
Vieni a me anche ora;
liberami dai tormenti, avvenga ciò che l’anima mia vuole:
aiutami, Afrodite.
(traduzione di S. Quasimodo)


Alī Ahmad Sa’īd Isbir – ADONIS

Com’è amara e com’è dolorosa la nostalgia per la sua casa
poggiando la guancia sulla spalla della notte arreso a lei
alla sua casa silente sotto l’arco dei pini,
la notte legge le sue opere vegliando le porte e le finestre,
nessun fuoco tranne quello che crepita nel corpo libero, o ciò che divampa
sulla sua terra (oggi è buio quel passaggio verso la sua terra,
e il vento spira impetuoso da ogni parte),
com’è amara e com’è dolorosa la nostalgia
per ciò che rimane delle leggende del mio amore
com’è arduo parlare di lei, non ho fuoco
per questa carcassa
se non quello delle parole.

( da Cento poesie d’amore, Guanda, 2003 – Trad. di Fawzi Al Delmi)


JOSE’ JOAQUIN PORRAS

Soneto al Mediterráneo
Centro y Mar activa, brava y serena
culmen hoy de guerras ayer seguidas!
Mitos y leyendas, todas vividas.

Olas de sentires … sobre tu arena.
Crisol que unifica, cultura abierta
Festamento eterno, tal su rigueza.

Femor que no asusta, por su belleza.
Universo Vestal, que el sol calienta.
Cubren tus riberas, de Mar hermoso
el mas puro latin y adoramiento.

Alimento de amor, mas que goroso.
El bañar de la arena … es tu locuna
y el unir tus pueblos, un sentimiento
que laureando tu nombre … el sueño augura.


GRAZIA DORMIENTE*
INNO AL MEDITERRANEO

Azzurro Titano
dalle braccia spumose
grondanti mitiche risonanze
ridoni approdi
al Vascello del destino.

Fiume immenso
mèmore di prodigiose odissee
lungo lidi di sperdute frontiere
dissemini fiorite stagioni.

Compagno del vento
raccogli i sussurri e preghiere
e gioioso infrangi il silenzio
di obliati templi e castelli.

Antico veggente
ritessi miraggi e speranze
sentieri ammalianti delle tue onde
scintillio di gemme ai naviganti.

Saggio di millenni
oltre le sponde della memoria
disperdi dei popoli gli anni corsari
rinsecchiti di sale e di sangue.

Eco di canti divini
ripeti del cielo
la cosmica libertà.
————-

Grazia Dormiente

(*) Grazia Dormiente, poetessa, studiosa appassionata di storia, arti e tradizioni popolari, dedicò questi versi a Francesco Venerando Mantegna in occasione del Meeting Internazionale Mediterraneo “l’Anno del Vascello”, a Kamarina (Rg) ottobre 1993), evento da lui organizzato e dal quae nacque l’Associazione internazionale COMEN-Conferenza Mediterranea. Ecco la dedica: “Al carissimo Francesco che sa interpretare nel profondo le voci mediterranee per l’augurale viaggio dell’Uomo, messaggero di Pace e di Civiltà, lungo le rotte della Storia e della Vita, dedico l’Inno al Mediterraneo, composto in occasione del Meeting Internazionale Mediterraneo. Con l’affetto di sempre e con la gratitudine dell’amicizia, quale autentico “porto” dell’affinità dell’Arte e dello Spirito.


Jean Alfred Marioton, Ulisse e Nausicaa, 1888, Olio su tela, Parigi, Musée d’Orsay
UMBERTO SABA

Ulisse

Nella mia giovinezza ho navigato
lungo le coste dalmate. Isolotti
a fior d’onda emergevano, ove raro
un uccello sostava, scivolosi al sole
belli come smeraldi. Quando l’alta
marea e la notte li annullava, vele
sottovento sbandavano più al largo,
per fuggirne l’insidia. Oggi il mio regno
è quella terra di nessuno. Il porto
accende ad altri i suoi lumi; ma al largo
sospinge ancora il non domato spirito,
e della vita il doloroso amore.


Scuola di Posillipo
CHARLES BAUDELAIRE

L’uomo e il mare

Sempre il mare, uomo libero, amerai!
perché il mare è il tuo specchio; tu contempli
nell’infinito svolgersi dell’onda
l’anima tua, e un abisso è il tuo spirito
non meno amaro. Godi nel tuffarti
in seno alla tua immagine; l’abbracci
con gli occhi e con le braccia, e a volte il cuore
si distrae dal tuo suono al suon di questo
selvaggio ed indomabile lamento.
Discreti e tenebrosi ambedue siete:
uomo, nessuno ha mai sondato il fondo
dei tuoi abissi; nessuno ha conosciuto,
mare, le tue più intime ricchezze,
tanto gelosi siete d’ogni vostro
segreto. Ma da secoli infiniti
senza rimorso né pietà lottate
fra voi, talmente grande è il vostro amore
per la strage e la morte, o lottatori
eterni, o implacabili fratelli!